giovedì 31 dicembre 2015

Margaret & Dreamer #18

Non ho più visto Dreamer.
La mia esistenza continua a Montrose. 
Ho preso l’abitudine di fare lunghe camminate, e in certe giornate quando guardo la strada che ho davanti mi sembra che lui l’attraversi, come tante volte ha attraversato la mia vita. Non riesco mai ad essere abbastanza veloce per raggiungerlo. Lo so che in realtà davanti non c’è più nessuno, ma quella sensazione che mi trapassa il petto e il cervello è reale, e non fa nulla per nascondersi.
Ho imparato a non farmi più domande, non mi riesce per niente, continuo a dare il tormento a tutti durante le serate di terapia di gruppo.
Ci sono delle mattine che se potessi lo investirei con la macchina, altre che correrei da lui piangendo, se solo sapessi dove si è infilato quel bastardo.
In qualche modo penso che entrambi saremo sempre in debito con il destino, un conto che nessuno vuole chiudere. Poi percepisco il gusto della follia che provoca la speranza dell’attesa e so che non ci sono abbastanza muri nel mio cuore per proteggermi, una cosa di cui vado fiera come una medaglia di latta che ha valore solo per me.
Non ho mai più letto le sue lettere, mi rimangono certe frasi che sono carne viva, frasi che porterò per tutta la vita come perle di un rosario: chi crede, lo fa scivolare tra le dita e ne trae conforto, il mio rosario è filo spinato.
Jeremy, Orizzontale, e i pochi altri che ancora frequento non mi chiedono mai niente, ci sono state sere in cui i miei occhi hanno gridato aiuto senza che me rendessi conto, e loro hanno sempre lanciato dei razzi per farmi tornare dal buio.
Come direbbe quel pazzo arrogante che ho amato: per essere l’ultimo a rimanere in piedi non conta quanto sai darle ma quanto sai prenderle.
Mi sto allenando my sweet dick.
   

Grisom è stato trovato morto nel suo letto, dicono si sia suicidato ingoiando delle pillole e abbia lasciato un biglietto con sopra scritto: Grisom was here.  

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