Non ho più visto Dreamer.
La mia esistenza continua a Montrose.
Ho preso l’abitudine
di fare lunghe camminate, e in certe giornate quando guardo la strada che ho
davanti mi sembra che lui l’attraversi, come tante volte ha attraversato la mia
vita. Non riesco mai ad essere abbastanza veloce per raggiungerlo. Lo so che in
realtà davanti non c’è più nessuno, ma quella sensazione che mi trapassa il
petto e il cervello è reale, e non fa nulla per nascondersi.
Ho imparato a non farmi più domande, non mi
riesce per niente, continuo a dare il tormento a tutti durante le serate di
terapia di gruppo.
Ci sono delle mattine che se potessi lo
investirei con la macchina, altre che correrei da lui piangendo, se solo
sapessi dove si è infilato quel bastardo.
In qualche modo penso che entrambi saremo
sempre in debito con il destino, un conto che nessuno vuole chiudere. Poi percepisco il gusto della follia che provoca la speranza dell’attesa e so che non ci
sono abbastanza muri nel mio cuore per proteggermi, una cosa di cui vado fiera
come una medaglia di latta che ha valore solo per me.
Non ho mai più letto le sue lettere, mi
rimangono certe frasi che sono carne viva, frasi che porterò per tutta la vita
come perle di un rosario: chi crede, lo fa scivolare tra le dita e ne trae conforto,
il mio rosario è filo spinato.
Jeremy, Orizzontale, e i pochi altri che ancora
frequento non mi chiedono mai niente, ci sono state sere in cui i miei occhi
hanno gridato aiuto senza che me rendessi conto, e loro hanno sempre lanciato
dei razzi per farmi tornare dal buio.
Come direbbe quel pazzo arrogante che ho amato:
per essere l’ultimo a rimanere in piedi non conta quanto sai darle ma quanto
sai prenderle.
Mi sto allenando my sweet dick.
Grisom è stato trovato morto nel suo letto,
dicono si sia suicidato ingoiando delle pillole e abbia lasciato un biglietto
con sopra scritto: Grisom was here.
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