Un uomo solo è seduto davanti
alla scrivania, attorno a lui l’ufficio è deserto, questo comporta delle
piacevoli libertà che l’uomo solo non esita a concedersi; fuma con spregio
all’interno dell’ufficio, getta la cenere nel cestino colmo di cartaccia
facendosi beffe del rischio d’incendio, rutta con orgoglio per digerire bresaolarucolaegrana
e per finire, se osservaste bene la scena, notereste che si è pure sfilato le
scarpe.
Da questo stato di libero
lavoratore lasciato inerme a presidiare un vuoto di fatturato, il piccolo
scribacchino naviga svogliato tra le meraviglie che il favoloso mondo di
internet offre, gratis, agli annoiati.
La
notizia del giorno è la stretta di mano tra i presidenti delle due Coree
(Nord/Sud), stretta di mano con tanto di scavallamento carpiato da parte di
entrambi del 38° parallelo, per sapere cosa sia e quale importanza rivesta il
38° parallelo nel panorama geopolitico mondiale vi basti sapere che chi lo
attraversa senza permesso viene sparato come un barattolo al luna park. Una
delle conseguenze mediatiche di tanto importante incontro è, ovviamente, quella
di essere trasmesso da tutti i media del globo… tranne uno. Pare infatti che la
TV nordcoreana sia andata “offline” proprio nei momenti dello storico gesto.
Una
perfetta e geniale, quanto inconsapevole nel fine, performance artistica sul
tema dell’assenza. Per i nordcoreani non c’è stato nessun incontro ufficiale
tra il loro superfigoaltissimo leader e il presidente sudcoreano, non è passato
in TV, non è mai avvenuto. Se qualcuno asserirà il contrario verrà tacciato
come complottista, e lì essere complottisti non ti apre una luminosa carriera
come youtuber, sono solo mazzate sulle ginocchia e trasferte a carico dello
stato in qualche campo di rieducazione. Lo so che i campi di rieducazione per
certi youtuber farebbero dell’occidente un paese più civile, ma non si può dire,
che sta male.
In
questi giorni, e mesi, e anni, dove molti “esperti” della comunicazione si
stanno arrovellando sul famigerato tema “fake news” (frottole scritte bene), fa
pensare come potrebbe essere un paese (uno a caso, il mio e il vostro che state
leggendo) in cui pochissimi controllano cosa possa o non possa essere divulgato
attraverso l’unico canale televisivo, o l’unico giornale. Immagino ci sarebbe
anche un solo profilo Facebook, che si chiamerebbe “Profilo”, e tutti amici di Profilo
che posta sempre le cose più fighe, e tutti condividono i post di Profilo, che
poi sarebbe sempre Profilo che si autocondivide e si autopiace, una sorta di
profilo dalla personalità narcisistica compulsiva che un giorno sì e uno no, si
leva e si richiede l’amicizia, all’infinito. Così via per tutti i social, fino
ad arrivare ad un unico, enorme ciclopico network sociale che si chiamerà Leviatanoh
(con l’acca come Deborah).
Allora,
e solo allora, la popolazione stremata dal non poter più dare sfogo in modo
anonimo e paraculo (ma sempre asettico e innocuo) alle proprie pulsioni su
qualsiasi cazzo di argomento si incazzerà. Scenderà in piazza, o se abitate in
un paese molto piccolo, in strada, e protesterà come non mai negli ultimi anni.
Dalla
dura repressione da parte di Leviatanoh si forgerà una resistenza composta da
consiglieri comunali disoccupati, haters senza più nemici da sbertucciare in rete
e food-blogger che non potranno più permettersi piattini e aperelli “in quel posto
tanto carino”. Una resistenza, giustamente, destinata a soccombere alla prima
pernacchia di Levy (così lo chiameranno i resistenti).
Annientata
questa combriccola di smidollati con le dita lunghe e le gambe corte sarà la
volta della venuta di uomini e donne coraggiosi, che illuminati avevano
cancellato tutti i propri account ben prima che il mainstream decidesse di
calare la censura implacabile sulle menti e sulle voci della popolazione. Un
manipolo di impavidi che senza saperlo viveva già in clandestinità, nessuno
conosceva la località dove trascorrevano le vacanze, né si sapeva se possedessero
cani o gatti da poter prendere in ostaggio; Leviatanoh non disponeva di autoscatti
segnaletici da inserire in software di riconoscimento di facce di culo, nulla
si sapeva sul loro stato sentimentale, sulla squadra del cuore, sul colore
preferito di biancheria intima, se odiassero i lunedì o Selvaggia Lucarelli.
La
classica “maggioranza silenziosa” che è lo scappellamento tapioca impoderabile
intracazzola smarkettaro spiliguda sfrondato al limone (grazie U.T.) incubo di
ogni totalitarismo.
Capo,
per naturale predisposizione visionaria utopistica di questa spina nel fianco
del potere… Paolo Sorrentino, nome di battaglia “Comandante Jep Guevara”.
Qui
(https://www.youtube.com/watch?v=ALdOE3PfqKg)
il manifesto di denuncia di Jep, sottotitolato per raggiungere tutti gli angoli
oppressi della terra.
Ad
oggi non ci è dato sapere se Jep sarà affiancato nella lotta da una Katniss
Everdeen fuggita da un reality show, oppure se la lotta sempiterna tra bene e
male sarà breve e vittoriosa o lunga e mortifera.
Seguiremo
con attenzione il dipanarsi della storia e cercheremo di darvene cronaca, con
coraggio e sprezzo del pericolo, vino rosso e parole in libertà.