Non saprebbe ricordare il
giorno buio, quello brutto o quello disperato; messe tutte insieme non avevano
l’aria di giornate da dimenticare.
Anzi, a volte, aveva l’impressione
di non aver vissuto, che fossero i giorni di qualcun altro a farsi ricordi.
In fondo essere ancora qui,
alzarsi la mattina e trovarsi una giornata davanti era la prova che si contava
poco davanti al tempo. Veniva colta da inusitato (parola di cui ignorava il significato
e che usava per via della fonetica importante e desueta, barocca, finto colta,
musicalmente inaspettata e tutte quelle cose inutili che si fanno nella vita
solo perché ci piacciono), dicevo… inusitato stupore solo per il fatto di avere,
di nuovo, un giorno vergine a disposizione.
Si vergognava terribilmente di questa sensazione che per lei era una
consapevolezza da Bambi buddista, ma tant’è che il sole sorge ogni mattino, che
doveva fare? Si chiedeva con l’amarezza e la paura di assomigliare a quelli che
leggono Coelho o Il piccolo Principe dopo i sedici anni.
Le portava un po’ di
conforto la pioggia il sabato, lo sciopero dei mezzi il venerdì e lo scoprire
che qualche festa comandata sarebbe caduta di domenica, piccole cose che l’aiutavano
nella ferrea convinzione che le giornate di merda, qualunque sia il tuo
comportamento, arrivano uguale.