Vorrei
andare a Parigi, se avessi tempo, possibilmente bello e primaverile, con
l’arietta calda ma fresca; che ancora non si è appesantita di minuscole gocce
di umidità che produrranno altre gocce fetide e puzzolenti che sgorgheranno
sfrontate dai vostri pori di turisti accalcati davanti a Donna Lisa.
Inebetiti
dal seguire il percorso tracciato dal Dio Criceto sulla ruota della rotta
soprannominata “luoghi da non perdere”.
Vorrei
perdere tempo, diventare un vuoto a perdere che inosservato si bea del
passaggio della folla dal tavolino di un café, di un bistrot, di un bar, di una
sedia che nei giardini di Parigi puoi spostare un po’ come cazzo ti pare e
ricollocare a tuo piacimento facendoti sospirare: ah, certo che la grandeur…
Parigi è sempre Parigi.
Invece
mi tocca relegarmi al solito cantone, senza prospettiva alcuna di madame e mademoiselle,
allargando con il dito il passaggio del pacchetto di sigarette e ravanare l’ultima
con l’accortezza di non spezzarla.
Alla
rivoluzione preferiamo la brioche, da sempre.