venerdì 25 dicembre 2015

Come back (MARGARET # 17)

I tergicristalli sono spenti. La pioggia scompone l’immagine dell’entrata del commissariato in perle luminose che scivolano sul parabrezza.
Dopo aver aspettato un’ora nel bosco è tornato sulla strada e ha rubato una macchina. Ha preso la direzione verso il centro di Montrose, è passato un paio di volte davanti a casa di Margaret e poi si è parcheggiato davanti al commissariato.
Il tenente Stetson tiene aperta la porta e fa passare prima Margaret, ha insistito  per farla accompagnare a casa da un’auto della polizia ma senza successo. La scorta giù per gli scalini proteggendola con un ombrello.
Stetson insite perché Margaret tenga almeno l’ombrello.
«Grazie tenente, glielo riporterò appena possibile.»
«Può tenerlo signorina Bencroft, ne abbiamo diversi in centrale.»
Margaret  s’incammina sul marciapiede.
Stetson rimane a fissarla e a cercare di dare un senso alla gentilezza che lo investe ogni volta che incontra o pensa a Margaret Bencroft.
Quando l’unica cosa che riesce ormai a distinguere è un’ombra che gira a sinistra, risale gli scalini.   
La macchina si stacca dal lato della strada lenta come un pescecane, accende le luci dopo venti metri, e gira a sinistra.
Margaret butta l’ombrello nel primo cestino che incrocia, s’infila le mani nelle tasche del cappotto e si sente leggera sotto l’acqua che cade al rallentatore su di lei.
Dreamer guida piano, quando l’ha quasi raggiunta accelera e s’infila in un passo carraio qualche metro più avanti bloccando il marciapiede. Non sa cosa sia successo dentro il commissariato, non sa se la stanno seguendo, continua a ripetersi che dovrebbe tornare all’ospedale ma spegne il motore e guarda Margaret venirgli incontro.
Nota la macchina quando ormai è a pochi passi da lei pensando che bisogna essere proprio stronzi per fermarsi in quel modo e bloccare il passaggio.
Riconoscere il suo viso attraverso il vetro le sembra naturale, sorridergli e aprire gli occhi sui suoi è un riflesso incondizionato, si rende conto di essere completamente immobile, non sa da quanto, potrebbero essere passati anche venti minuti, non ne ha idea. Sa solo che da un certo momento in poi non ha più mosso un sola fibra del suo corpo. Adesso che lui è in piedi davanti a lei non ricorda di averlo visto scendere dalla macchina, non ricorda il rumore della portiera. C’è solo Dreamer che la sta fissando.
E il cuore esplode e tutta la forza viaggia nel suo braccio e nello schiaffo che lo colpisce sul viso.
«Grazie per prima, all’ospedale.»
«Vattene. Scappa. Vai via e non tornare.»
«Hai parlato con Grisom?»
«È l’unica domanda che ti viene in mente?»
Dreamer le prende una mano, lei se la fa prendere. Ha le mani fredde, o forse sono fredde le sue.
«Mi aspetterai?»
Margaret fa due passi indietro: le loro braccia si tendono, un filo che resiste.
«Perché hai rovinato tutto? Dovresti farti questa di domanda, oppure perché non abbiamo mai ballato insieme? Oppure perché non hai mai tenuto una mia lettera tra le pagine di un libro? Sai rispondere? I balli, le canzoni, le lettere, gli abbracci in equilibrio sul bordo dei marciapiedi. Tutte queste cose ci sono solo in quell’attimo che succedono. Se non le fai succedere, il tempo perso e rovinato è quello. Quel tempo è il tuo vero omicidio.
«Possono succedere ancora un sacco di cose, possiamo vedere ancora un sacco di posti insieme.»
Il filo si spezza: Margaret lascia la presa e il braccio le cade lungo il fianco. Vorrebbe rialzarlo e posargli una mano sul viso, avvicinargli la nuca e baciarlo, ma non fa niente di tutto questo. Pensa di fare quello che è giusto.
«Ti hanno tradito, sapevano che saresti arrivato all’ospedale. Ti stavano aspettando.»
“Eveline”. Dreamer sa che può essere stata solo lei.
Dreamer fa un passo in avanti, Margaret uno indietro. Si fermano, si guardano. Non parlano.
«Io non mi fermo Margie, non ci riesco, non posso, non voglio. Verrò a prenderti e ce ne andremo, te lo prometto.»
Risale in macchina e riparte.
Si sente stanca, come se su quel marciapiede ci abbia passato la notte. Come se la pioggia, che adesso le picchia in testa e le porta via le lacrime cominci a bagnarla solo adesso.

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