I vestiti sono piegati e disposti in ordine
sullo scaffale di acciaio che occupa la parete in fondo alla cella. Una piccola
pila di abiti per ogni cadavere.
Sopra ogni pila c’è un cartoncino bianco con il
nome della vittima seguito da una parola.
I tecnici della scientifica scattano le foto e
poi prendono gli abiti e li infilano in sacchetti di plastica, i cartoncini vengono risposti da soli in buste trasparenti.
Lauren assiste a tutta la scena seduta alla
scrivania dove la cornetta è ancora nella stessa posizione in cui lei l’ha
lasciata.
Indossa una tuta di cotone blu e delle ciabatte
di plastica, un cambio di emergenza che tiene sempre nell’armadietto dello
spogliatoio. Sulle spalle ha la giacca di pelle nera con cui è arrivata
stamattina al lavoro. Le hanno applicato tre punti al taglio sul dito.
Un uomo giovane che indossa occhiali di
protezione e una tuta bianca di carta appoggia le buste con i cartoncini sulla
scrivania, sono cinque.
Dietro di lui, ferma in piedi dall’altro lato
della scrivania c’è il detective Anna Sterling.
«Lauren può leggere i cartoncini e dirmi se
quello che c’è scritto le fa venire in mente qualcosa?» dopo aver fatto la
domanda il detective Sterling si sposta vicino a Lauren e si posiziona dietro
le sue spalle. Lauren non riesce a mettere subito a fuoco le parole, sta
pensando che il detective ha un buon odore.
Legge i nomi dei suoi colleghi e le parole
vicine e pensa che non hanno nessun senso.
ROBERT – bugiardo
CATE – malvagia
MARA – ladra
JACK – giocatore
EVE – esibizionista
Appoggia una mano sul cartoncino dove c’è il
nome di Jack, ci batte sopra con un dito e si volta verso Anna Sterling.
«Sapevo che Jack scommetteva: cavalli, partite di basket. Questo è tutto quello
che mi viene in mente, era una brava persona, lavorava qui da dodici anni.»
Anna Sterling raccoglie i cartoncini dalla
scrivania e li ripassa al tecnico della scientifica.
Prende una sedia e si siede davanti a Lauren.
«Quella domanda che le ha fatto l’uomo al
telefono, quella sul peccato, pensa che volesse riferirsi a qualche episodio
della sua vita, a qualcosa di particolare che le è capitato in passato?» Lauren
ci ha pensato. Ci ha pensato da quando ha sentito l’uomo pronunciare la parola
peccato.
«Non lo so, mi ha detto che tutti… anzi, che
ogni corpo ha il suo peccato. Non lo so, mi dispiace, non so come aiutarvi.»
Il detective Sterling stacca un foglio dal
piccolo quaderno che ha estratto dalla tasca interna della sua giacca, ci
scrive sopra il suo numero di telefono personale e lo avvicina alle mani di
Lauren che sono aggrappate al colletto della felpa. «Vada a casa Lauren. Può
chiamarmi in qualsiasi momento.»
Lauren si alza dalla sedia e si dirige verso
lo spogliatoio.
Sterling la segue. «Ha intenzione di andare a
casa in ciabatte?»
«Non abito lontano, ho buttato via tutto quello
che indossavo stamattina.»
«Posso accompagnarla se vuole.»
«Va bene, grazie, prendo la borsa e sono
pronta.»
Il telefono comincia a suonare. Appena il
tecnico ha rimesso la cornetta al suo posto, ha ricominciato a suonare.
Sterling corre alla scrivania, alza la cornetta
e risponde: «Parla Sterling.»
«Passami Lauren detective»
Sterling richiama l’attenzione di tutti quelli
presenti nella stanza, il silenzio è totale.
Lauren la fissa dallo spogliatoio.
Sterling copre con una mano il microfono del telefono e si rivolge a Lauren:
«Se la sente di parlargli di nuovo?»
Lauren muove la testa veloce in un gesto
affermativo e ritorna verso la scrivania.
Sterling le appoggia la cornetta all’orecchio e
le prende una mano.
«Sono Lauren.»
«Se accetti i peccati degli altri potrai
perdonarli Lauren, i tuoi colleghi non ammettevano i loro, non volevano dire di
aver peccato, ma era così evidente Lauren, erano immersi nel peccato talmente
in profondità da non riconoscerne più i contorni, ed è impensabile accettare
uomini che cedano al peccato in modo arrendevole, senza un martirio. Io ho
dovuto riportarli sulla strada Lauren. Cerca i loro peccati se vuoi che il tuo
corpo continui il suo rigoglioso percorso.»
«Ha riattaccato.»
Sterling posa con calma la cornetta al suo
posto. Silenzio. Il telefono rimane muto.
Guarda Lauren, la gira guidandola dalle spalle
e la spinge in direzione dell’uscita.
«Perché io, perché vuole parlare con me?»
«Credo la stia usando come se lei fosse il suo
pubblico e un suo discepolo. Qualcuno a cui lui possa esprimere la sua teologia
deviata. Conosceva le vittime, quindi lui si aspetta che in qualche modo lei comprenda
il suo gesto e lo giustifichi o meglio lo accetti come figura di guida spirituale.»
Lauren si ferma appena esce dalla porta d’ingresso
della mensa. «Quando si dice: essere scelte da un uomo. Posso fumare una
sigaretta prima di salire in macchina?»
Sterling prende un pacchetto di sigarette dalla
sua tasca e ne accende una che passa a Lauren.
«Anche le donne scelgono, Lauren.»