lunedì 4 gennaio 2016

23.36

Alle 23:36 di un mercoledì notte cerchi di rimettere insieme i pezzi.
Ti ricordi la luce, dove c’è un cadavere c’è sempre la stessa luce. Fai sempre la stessa associazione d’idee: la stessa luce di un bagno della stazione, livida che puzza di piscio.
Sei sfinito, sfiancato, dopo tre ore a parlare con dei mentecatti che dicono di non aver visto e sentito niente. Vorresti solo dimenticare il cadavere e scopare. Hai voglia di scopare da questa mattina, chissà se la gente pensa che anche i poliziotti hanno voglia di scopare. Non te ne frega un cazzo di quello che pensa la gente. Un poliziotto, un giudice, un pittore, nella loro solitudine potrebbero essere tre demoni che sognano di ballare il tip-tap su tacchi a spillo.
Domani ti aspettano le foto.
Sapete come si fotografa la scena di un delitto? Il fotografo mentre scatta parla dentro a un microfono e registra quello che vede. Prima parte dalla foto più larga, quella che abbraccia l’intero ambiente dove è avvenuto il delitto, poi, in modo meticoloso, stringe sempre di più fino alla faccia della vittima. Dopo si concentra sui particolari: unghie, vestiti, oggetti attorno al corpo. Gli investigatori guardano le foto e ascoltano la registrazione, è il protocollo. Come guardare un film porno montato male. Alla fine ti abitui e guardi tutti in quel modo. Un’occhiata veloce e poi cerchi i loro particolari.
Hai quasi quarant'anni e ti chiedi se sei stanco.
Ti piacerebbe solo sapere se è tutto qui: cadaveri, luce, particolari, rapporti.
C’è una cosa che ti pesa nelle ultime settimane: leggere i referti sotto le foto. Vorresti non dover leggere tutte quelle espressioni formali: “sdraiata supina – braccio disarticolato- orbita sfondata- abrasione da trascinamento.” Ufficialmente le usi anche tu le frasi formali: “Signora sua figlia non ha sofferto”, come se si potesse non soffrire ad essere vittime di un omicidio.

Non vuoi pensarci, ma le foto ritornano. Hai cominciato a scattarti foto anche tu, da solo, non sono autoscatti, prendi il telefono, allunghi il braccio e rivolgi l’obbiettivo verso di te. Scatti in modo compulsivo, frenetico, a volte mentre continui a scattare ti spogli con una mano sola, ti ritrovi per terra, appoggiato al letto, in piedi. Il tuo corpo fa cadere oggetti, rovescia bicchieri e sbatte contro le porte. Smetti solo quando sembri un cadavere eccitato, le riguardi e vorresti essere ubriaco con lei. 

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