“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi.”, è
così che ti fottono i proverbi, ti mettono davanti alla semplicità della vita.
Non bisognerebbe mai leggere con attenzione i pro-verbi, che sono verbi da
professionisti, quindi mica sono cose da prendere alla leggera come gli
aforismi, che invece sono pippe mentali che ti puoi rivendere con leggerezza
alla bisogna. Se vi capita una situazione in cui non sapete cosa dire, tipo un
funerale o una festa di laurea, dite un aforisma, non dite un proverbio. Se
dite un proverbio la gente vi ascolta e siete costretti a intrattenere una
conversazione, con l’aforisma c’è la speranza che chi vi sta di fronte non
capisca cosa avete detto e vi lasci in pace.
domenica 27 marzo 2016
giovedì 24 marzo 2016
Miracolo a Milano
Fallo un miracolo, lo so che è
da egoisti chiederlo quando c’è bisogno.
Bisognerebbe essere umili, o lungimiranti, e
quando non c’è bisogno di chiedere nulla portarsi avanti, tenersi un miracolo
per il momento giusto, come una bottiglia di vino che rimane lì ad aspettare l’occasione
speciale.
Fai una pazzia, e buttalo il cuore oltre l’ostacolo,
tanto scusa a te che ti frega?
Anzi, se chiedi al tuo esperto di marketing,
quello che sta a Roma che tutte le domeniche si affaccia e dice: tranquilli ci
parlo io. Sì, lui, quello buono. Vedrai che lui ti dirà: secondo me questa cosa
del miracolo ci fa balzare in testa nei sondaggi.
Insomma cerca di guardare avanti, pensa al
ritorno d’immagine. Vogliamo svecchiare un po’ il logo che trasmette sofferenza
e sacrificio per gli altri? Che alla fine ormai di croci non se ne vedono più
tante in giro. Per esempio hai mai pensato a farti fotografare su una panchina?
Tu seduto bello rilassato su una panchina al parco, un bel pomeriggio di
primavera. Pensaci… non troppo però, che qui ormai con i social e tutto il
resto è un attimo che arriva uno e ti fotte la panchina.
Poi scusa, se non fai una campagna adesso che è
Pasqua, quando la fai? Lo so che hai i consulenti che sono un po’
tradizionalisti e il budget lo buttano tutto sul Natale.
Ma pensa al claim: “il miracolo nell’uovo” oppure
“Natale con i tuoi a Pasqua offro io”, diventa virale nel giro di cinque
minuti.
Dai retta a uno che ha fatto tutta la gavetta:
battesimo/comunione/cresima, elementari dalle suore e medie dai preti, poi mi
hanno fregato alle superiori, ma qualche ora all’oratorio l’ho passata.
Son tempi duri, se ti metti un po’ d’impegno e
cali l’asso vedrai che le azioni risalgono, magari ci fanno anche una serie TV:
dai produttori della creazione del mondo. Dopo trentatré anni non hai voglia di
tornare da protagonista?
Fammi sapere, ciao.
domenica 20 marzo 2016
Breve storia allegra
“Mannaggia a ‘sti sorrisi”.
Ci pensavo l’altra sera, che visti da lontano
te ne accorgi lo stesso. Sei lì che non ci fai caso, poi arriva l’anomalia, che
in questo caso è un’onda silenziosa che fa rumore solo negli occhi di chi si
sta guardando.
Oh ragazzi… va bene così. Io me ne sono accorto
subito, ma mica perché sono più intelligente o sensibile. No. Ho solo l’acqua
sotto il mento come voi.
«Bravo. Vuoi l’applauso?»
«No, però io ve lo dico: va che si vede.»
lunedì 14 marzo 2016
La spada nella roccia
Ci sono gli scrittori e poi ci sono quelli che
scrivono.
Quelli che scrivono si dividono in due
categorie: quelli che scrivono bene e quelli che scrivono male.
Gli scrittori invece sono quelli che ti
spostano da dove stai, quelli che ti danno un pugno nello stomaco, un bacio in
bocca, quelli che ti guardano e non ti fanno dormire la notte perché sei
innamorato. Quelli che non ti vogliono spiegare niente, perché ti fanno vivere.
Per esempio: Baricco è uno che scrive; bene,
benissimo. Hemingway è uno scrittore. De Carlo è uno che scrive. Tondelli è uno
scrittore. Eco è uno che scrive: geniale, perfetto, illuminato, ma è uno che
scrive. Bukowski è uno scrittore. Calvino è uno scrittore. Pavese è uno
scrittore. Leopardi è uno scrittore. Manzoni è uno che scrive. Marguerite Duras
è una scrittrice. I poeti sono Dio.
I blogger non sono un cazzo, sono quelli che
scrivono post come questo, storielle razionalmente carine (che merda di vita è
scrivere storielle razionalmente carine?).
Peggio dei blogger ci sono i post su Facebook.
Twitter non è nemmeno in classifica, è un rigurgito, un rutto puzzolente di un
minus habens che ha imparato l’alfabeto a memoria a ritmo di calci in culo.
Son tutte storie.
Lauren è scappata: ieri a mezzanotte è salita
su un treno e l’ultimo che l’ha vista dice che aveva una sciarpa bianca al
collo e quando il treno è partito ha fatto scivolare la sciarpa dal finestrino
e tanti saluti alla signorina Sterling e al pazzo criminale che si masturba sui
vangeli.
Dreamer si è rifugiato in Vietnam. Oggi si fa
chiamare Alfonsine e affitta biciclette a turisti americani.
Di Margaret non so nulla, l’ultima volta che
sono passato da Montrose se ne stava seduta al tavolino di un bar e aveva un’espressione
tra l’annoiato e il “so già tutto”, cioè la solita.
Sono tutti in fuga, anche io sto cercando una
via di fuga. Ieri ho incaricato il mio contatto a Lambrate di procurami un
biglietto aereo, efficiente come al solito ha provveduto a riservarmi un volo
per una destinazione sicura.
Prima di partire avrò tempo di spiegarvi un po’
di cose: per esempio ho conosciuto un tizio che fa dei pesci di legno lunghi e
un po’ grassi, non credo che lo faccia perché il legno galleggia, la
motivazione che lo spinge a curvarsi e a sfiancarsi le mani su quello che è
solo legno è sicuramente profonda e buia come i fondali marini. Si chiama
Stefano. Uno alto e simpatico con due mani che ci sta un mappamondo di quelli
grandi in mezzo, cazzo io ogni volta che l’incontro continuo a guardagli le
mani che mi aspetto che prima o poi mi dica: lo vuoi un ceffone? I pesci che fa
hanno grandi occhi. Gli occhi… Stefano con gli occhi ha un rapporto tutto suo,
io non gli ho mai chiesto da dove gli vengano fuori tutti questi occhi belli
che fa, certi occhi che non ti guardano, sei tu che ti perdi dentro queste
galassie sfumate e nere.
Di solito se incontro Stefano prima o poi
arriva anche Massimo, di Massimo vi scriverò un’altra volta perché è
complicato. Diciamo che potrebbe essere il giusto compromesso tra un compagno
delle elementari che rivedi con piacere e un professore di lettere che ti ha
consigliato quel libro che ti ha segnato l’adolescenza, tipo Porci con le ali o
Il giovane Holden.
Questa è più o meno la gente che incontro se
decido di uscire di casa, ce ne sono anche molti altri: giocatori d’azzardo,
pizzaioli egiziani con mogli bellissime, baristi che mi invitano a cena,
commercianti di saponi biologici, ex giocatrici di basket, un professore di
pianoforte, Marco (che è cinese) ma ha scelto di farsi chiamare così.
C’è poi uno che si ostina a commentare in
musica quello che scrivo, io gli voglio bene, a volte mi fa ridere vederlo
arrivare in equilibrio precario su quella vespa rossa e nera che sembra Nanni
Moretti ancora più malmostoso, e lo so che non sopporta Moretti e il cinema
italiano, ma di musica ne sa parecchio perché da piccolo faceva il DJ e
lavorava anche in un negozio di dischi e quelli più belli se l’infilava sotto
la maglietta e li faceva sparire (quest’ultima me la sono inventata).
Mi piace dove abito, dal mio balcone quando
l’altissimo è in giornata vedo le montagne, me la sono proprio guadagnata
questa strada non c’è che dire, metro dopo metro, come in trincea sulle montagne
quando nevicava e ai poveracci che si sono fatti la grande guerra gli si gelava
il pisello se provavano a tirarlo fuori per pisciare, io me la sarei fatta
addosso, almeno per quei due minuti sarei stato un po’ al caldo.
Tutti i fatti e le persone di cui vi ho parlato
qui sopra sono veri e vivi, come i mostri che si sognano di notte o le ex
fidanzate.
sabato 12 marzo 2016
Epi(co)tafio
Baci non dati e "ti amo" non detti, questo conta.
Dei soldi guadagnati o persi e delle scopate fatte, alla fine, non interessa a nessuno.
Dei soldi guadagnati o persi e delle scopate fatte, alla fine, non interessa a nessuno.
venerdì 11 marzo 2016
LAUREN #9
Tutti
e cinque i cadaveri rinvenuti nella cella sono morti prima di venire appesi e
prima che gli fossero applicate le cannule agli organi, si tratta quindi di un
rituale, non di una tortura, perché erano già morti. Il rituale di una specie
di purificazione, se teniamo conto dei messaggi ritrovati dentro i cadaveri
potrebbe essere qualcuno ossessionato dal concetto di peccato come una colpa da
rimuovere fisicamente e meccanicamente dai corpi. Perché Lauren è ancora viva?
Una figura in corsa esce dall’angolo di strada
davanti all’auto del detective, Sterling abbandona i suoi ragionamenti ed esce
dall’auto.
Lauren è lanciata nei suoi ultimi cinquanta
metri.
Da quando è a casa in riposo forzato dopo
quello che è successo tutte le mattine si alza presto e va a correre. Potrebbe
andarci più tardi con calma, le piace invece essere su strade deserte e sentire
il rumore dei suoi passi, non vuole ascoltare musica mentre corre; si è detta
che se qualcuno si mettesse a seguirla, con le cuffie non lo sentirebbe. Spesso
attraversa la strada all’improvviso facendo una diagonale, dopo aver svoltato
gli angoli, una volta su due, cambia direzione velocemente e ritorna sullo
stesso percorso. Tutti modi per essere sicura di non aver nessuno dietro.
Il detective Sterling è appoggiata alla
macchina con le braccia incrociate, Lauren rallenta e si ferma davanti a lei.
«Buongiorno Lauren, avrei bisogno di parlare
con lei.»
Lauren prende tempo per respirare, si porta le
mani sui fianchi ed emette un debole: «Ok.»
«Possiamo andare a sederci da qualche
parte, immagino avrà sete.»
«Devo farmi una doccia, può salire da me, ci
metto cinque minuti.»
Attraversano la strada ed entrano nel piccolo
androne del palazzo, senza scambiare una parola si sistemano all’interno
dell’ascensore. Lauren è imbarazzata, ha paura di avere un cattivo odore
addosso, il detective le volta le spalle e fissa il vetro smerigliato della
porta della cabina.
L’appartamento è diviso in due stanze e un
bagno, la stanza principale ha la cucina disposta lungo una parete ed è
abbastanza grande per un tavolo e un divano a due posti. Per terra, subito dopo
l’ingresso, sono appoggiate in una fila ordinata circa una ventina di paia di
scarpe. Sterling pensa che lei ne possiede solo tre paia. Non riesce a
spiegarsi perché ma questa considerazione la mette a disagio.
«Si accomodi pure dove vuole, io arrivo
subito.», Lauren sparisce dentro il bagno e si chiude la porta alle spalle,
cosa che non fa mai. Le piace lasciare la porta del bagno aperta e girare per
casa come le pare, uno dei vantaggi di vivere da sola.
Sterling non si siede, rimane in piedi e a
piccoli passi ispeziona tutto l’appartamento. C’è una foto di Lauren con un
uomo. Sembra siano a una festa, dietro loro due si legge uno striscione appeso
alla parete, uno striscione viola con una scritta bianca: “La comunità saluta
il Reverendo Doyle”.
In camera il letto non è stato rifatto, dei
vestiti sono appoggiati sopra un lungo mobile bianco e basso. La finestra è
senza tende. Sul comodino una bottiglia d’acqua, un lettore mp3 e una macchina fotografica polaroid.
Non ci sono quadri alle pareti. Per terra ci sono
delle calze e un paio di mutandine.
Sterling ritorna in sala. Vorrebbe fumare ma
preferisce aspettare e chiedere a Lauren.
Hanno controllato le telefonate fatte e
ricevute da Lauren nell’ultimo mese, niente di strano, non riceve molte
chiamate: una dal suo datore di lavoro all’inizio del mese, una volta a
settimana ha telefonato alla casa di cura per anziani dove la madre è
ricoverata da tre anni, le altre chiamate in entrata risultavano tutte
telefonate a scopi commerciali. Non ci sono spese sospette sulla sua carta di
credito. Non risulta iscritta a nessuna associazione, nessun abbonamento in
palestra, solo la tessera della biblioteca comunale, dove nell’ultimo mese ha
preso tre film e un libro dal titolo “Il monaco”.
Lauren esce dal bagno e va in camera a
vestirsi, si infila una maglietta bianca e un paio di pantaloni blu di lino. Non
usa ciabatte in casa.
Entra in sala e vede Sterling ancora in piedi, «Può
sedersi detective.»
Sterling si siede al tavolo rotondo che divide
la cucina dal resto della stanza. Lauren si posiziona sul divano, da una
scatola di legno che è posata su un cubo quadrato di plexiglass tira fuori del
tabacco e delle cartine.
Sterling si accende una sigaretta.
Fumano per un po’ senza parlarsi e senza
guardarsi in faccia.
Sterling passa lo sguardo dai piedi nudi alle
ginocchia che premono sul lino, alle mani di Lauren che ha le unghie dipinte di
blu.
«Come si sente?»
«Mi vergogno a dirlo, ma sto bene. Non voglio
dire che non ci pensi, ma sto bene. Ho solo la sensazione di dover aspettare
che succeda qualche cosa.»
«Intende dire che ha dei sospetti?»
«No, ma so che io sono l’unica sopravvissuta.
Perché?»
«Lei è credente Lauren?»
«Per favore puoi darmi del tu? Mi sembra di
essere a un processo se mi dai continuamente del lei.»
«Va bene, io sono Anna.»
«Non sono credente, ho avuto un’ educazione di
tipo religioso, ma non credo e non pratico.»
«Io penso che lui ti conosca, sa chi sei, forse
vi siete incontrati da qualche parte, oppure è qualcuno che ti ha osservata ed
è stato colpito da qualche tuo particolare fisico o abitudine. È stato molto
preciso fino adesso, molto organizzato, è un pianificatore.»
Lauren si muove sul divano, si sposta in avanti
e appoggia i gomiti sulle ginocchia.
Sterling sa che sta pensando se ha fatto
qualcosa di strano ultimamente, sta ricordando gli ultimi uomini con cui è
uscita chiedendosi se potrebbe essere uno di loro.
Questo è il momento per chiedere, per vedere se
c’è qualcosa che affiora improvvisamente, un nome o un accaduto a cui chi è
coinvolto in un’indagine di omicidio non ha prestato attenzione perché si tende
a circoscrivere l’avvenimento all’interno del perimetro geografico in cui ha
avuto luogo il delitto.
Sterling si alza e comincia a camminare, non è
venuta per fare due chiacchiere con un’amica, e poi ha bisogno di tenere Lauren
nel ruolo di persona coinvolta in un indagine.
«Hai detto che hai avuto un' educazione di tipo
religioso, puoi parlarmi di questo?»
Lauren si alza e si avvicina alla cucina, «Devo
fare colazione, vuoi del caffè? Io prendo del tè.», il detective sta guardando
di nuovo la foto di Lauren con l’uomo, senza girarsi risponde: «No grazie, già
preso.»
«Mio padre era molto credente, sono cresciuta
andando in scuole cattoliche fino al liceo, dopo non volevo continuare a
studiare e ho cominciato a fare la cameriera, non è stato felicissimo di questa
mia scelta. Era una persona legata alla comunità religiosa della città, sempre
impegnato in riunioni di comitati e ritiri spirituali, ha passato la vita
cercando di coinvolgere me e mio fratello in queste attività. Era un uomo molto
buono, ma non riusciva a separare la sua rigida dottrina dal rapporto con i
figli. Per lui era solo parola di Dio.»
«È lui in questa foto?»
«No, quello è mio fratello, lui è diventato
prete. Il successo della famiglia Doyle.»
«Quando ritornerai al lavoro?»
Lauren soffia nella tazza e poi fa un piccolo
sorso, «Non lo so, pensavo di licenziarmi, di cambiare. Adoro cambiare, non ho
ambizioni sul lavoro per me è solo un modo per pagarmi l’affitto e qualche
vizio.»
«Capisco. Va bene Lauren, grazie per la
chiacchierata. Ti devo chiedere di avvisarci se hai intenzione di lasciare la
città o cambiare indirizzo, è una formalità ma abbiamo bisogno di sapere dove
trovarti, e se noti qualcosa di strano, o qualcuno che ti sembra pericoloso
chiamami.»
«Lo farò Anna, grazie a te.»
Si stringono la mano e il detective Lascia
l’appartamento.
Qualche
vizio…
Anna Sterling è attenta alle parole, stare
attenta è il suo lavoro. Sviluppare una sensibilità verso le sfumature dovrebbe
essere l’obiettivo di ogni detective, lei ha sempre pensato questo.
Lauren è una sfumatura continua, ascoltarla è
come versare una goccia d’inchiostro in un bicchiere d’acqua e osservare il
colore diluirsi sulla superficie.
lunedì 7 marzo 2016
FUNGHI FRESCHI
Funghi freschi.
Chon è andato a prenderli di persona in paese.
Ha dovuto usare tutte le sue conoscenze e
relazioni coltivate in due mesi di caffè nello stesso bar, di battute sul
calcio con gli avventori più anziani e di sorrisi alla barista; alla fine è
riuscito a capire cosa chiedere e a chi. I funghi freschi sono un tesoro
prezioso, merce di contrabbando che nessuno regala volentieri.
La cucina è grande, loro due sono aggrappati al
piano centrale di marmo come rocciatori in cerca della via più sicura.
Carol guarda: appoggiata con il fianco al bordo dell’isola con i fornelli,
gira il suo bicchiere di vino nella mano pallida e osserva colui che come uno
spiffero è entrato nella sua casa e poi nella sua vita.
Ci sono giornate su e giornate giù, giorni in
cui il suo corpo la reclama con violenta vendetta e non le permette di alzarsi
dal letto.
Poi c’è Chon, che ha smesso di recitare la
parte del cupo e tenebroso. Chon che ha insistito per cucinare un risotto ai
funghi, a detta sua il miglior risotto che lei mangerà mai. Il tempo ha deciso
di dargli una mano, una pioggia decisa batte sul tetto dall’altra notte.
«Il risotto non va mai abbandonato, non vuole
distrazioni.»
Chon è serio mentre lo dice, a lei viene da
ridere e si copre la bocca con il bicchiere, non se la sente di mettere in
discussione tanto impegno.
«Dove andrà quando saranno scaduti i sei mesi?»
«Mi trasferirò in camera sua, è più grande e ha
il bagno comunicante.»
«È sempre convinto che io accetti una sua
proposta di acquisto?»
Chon appoggia il cucchiaio di legno e alza il
suo bicchiere guardando Carol: «Facciamo una promessa, mi prometta che ci
penserà seriamente, almeno tre volte, prima di prendere una decisione.
Promette?»
«Perché tre volte?»
«Perché la maggioranza vince, e perché se riesco
a confonderle le idee, forse, ho una possibilità.»
«Forse sono già confusa e lei non lo sa…»
«Promette?»
«Prometto.»
I bicchieri si toccano.
venerdì 4 marzo 2016
LAUREN #8
EVE-esibizionista
Di te si scriverà che sei morta appesa per i
piedi come una bestia al macello.
Sei senza pietà Eve.
Hai negato il tuo peccato.
Sei un’esibizionista.
Il tuo peccato ha umiliato il tuo corpo,
apparire con prepotenza per ingorda vanità.
Hai meritato la morte perché hai giurato il
falso.
Escano dalle tue viscere la vergogna e il
sincero pudore.
Lettera rinvenuta nella gola di Eve Lestrom – anni
30
Causa della morte: soffocamento
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