lunedì 21 settembre 2015

LO GIURO!

Le lenzuola potevi cambiarle ogni dieci o dodici giorni, non ricordo più.
Mi ricordo bene quello che dormiva nella branda vicino alla mia. Era tranquillo, sembrava non rendersi conto di dove fosse. Sereno e incosciente ragazzino di soli diciotto anni, io ne avevo ventuno, pochissima differenza a casa, lì contava però. Con le guance pienotte e lo sguardo un po’ sorpreso, smarrito che si guardava sempre intorno come a dire: “Sta succedendo davvero?”
Quante urlate in faccia si è preso.
“Ti devi muovere!”, “Cazzo fai?”, “Nessuno va a dormire fino a quando non ha rifatto il letto!”.
Non c’era verso che lo facesse bene, o che lo facesse dentro i tempi permessi. Sembrava si muovesse a rallentatore.
Ormai lo sapevamo e cercavamo tutti di aiutarlo: “Più tesa la coperta.”, “La cintura, stringila.”, “Gli anfibi, sputaci sopra.”
Dopo due giorni il suo sguardo ha cominciato a cambiare, via l’incredulità di un gioco stupido, la vergogna e la mortificazione erano arrivate.
È come un disco rotto: Sveglia, sveglia, sveglia–Cinque minuti pronti–Cazzo fai?– Piantone? Piantone? Dove cazzo sei piantone?

Sveglia/barba/cubo/ginnastica/colazione/vestizione/bandiera/marciare/marciare/ mangia/marciare/baionetta/saluti/marciare/marciare/i gradi/saluta/giù i pantaloni/apri la bocca/chiudi la bocca/respira/mangia/pulisci gli anfibi/pulisci la fibbia/pulisci i cessi/pulisci i pavimenti/pulisci le pentole/pulisci i piatti/lavati i denti/fai il letto/luci spente.

Una sera siamo in camerata già pronti per andare a letto. Ispezione.
Tutti in piedi sull’attenti davanti alle brande. Entra il caporale: il caporale è stronzo proprio di grado, proprio di consegna, se sei caporale sei stronzo. Se sei caporale istruttore sei molto stronzo.
Silenzio. Nessuno fiata, adesso ripenso a quanto sia presente il silenzio di più di cento persone.
Camminata lenta, si ferma davanti a uno per uno e ti guarda proprio negli occhi, la prima reazione è quella di ridergli in faccia, ma ti passa dopo la prima ora che sei lì.
Arriva davanti a lui.
C’è puzza di sudore, la doccia puoi farla un giorno si e uno no, e siamo a luglio. Le federe dei cuscini sono ricoperte di aloni gialli, molti di noi hanno le vesciche ai piedi, che puzzano.
«Tu sei quello che non ce la fa?»
Silenzio. Non puoi abbassare lo sguardo o girarti e andare via. Non sono nemmeno vere domande, ti prendono per il culo.
«Tutti a letto, svelti. Spegnere le luci.»
Ci guardiamo io e lui prima di infilarci sotto le coperte, si perché sopra non ci puoi stare. Ci guardiamo e non so cosa dire.
Tutto è scandito, tutto ha un suo movimento e il tuo tempo è speso per imparare tutti questi movimenti.
Siamo schierati nella piazza d’armi: esercitazione per innestare la baionetta. È un ballo: estrai-punta-innesta. Tre movimenti tre.
Cominciamo, dobbiamo farlo tutti insieme, tutti coordinati seguendo i comandi.
Fa un caldo di merda e io ho le orecchie bruciate. Abbiamo tutti sete.
Urla, urla, urla.
Rifare. Rifare. Rifare…
Non ce la fa. Il caporale si mette davanti a lui.
Il suono dovrebbe essere un unico e pesante “clac”, ma c’è sempre una nota stonata.
«Non vi muovete fino a quando non lo fate tutti.»
Noi lo sappiamo che siamo lì sotto il sole perché lui non ce la fa, e siamo incazzati.
Dopo un po’ non te ne frega più niente, non vorresti, ma cominci a pensare che è un cazzo di lento di merda. “Porca puttana e agganciala questa cazzo di baionetta deficiente”.
Va in panico, ogni volta è sempre peggio, ha il caporale a un metro che urla i comandi a tutta la compagnia ma ha lo sguardo solo su di lui.
«Sei ritardato?»
Altra domanda che non aspetta risposta.  
Quando torniamo distrutti e sudati in camerata lui mi guarda di nuovo, sta per piangere, ma si trattiene.
«Io non ci riesco.»
Voglio solo farmi una doccia, uscire dalla caserma e cagare in un cesso pulito.
«Cazzo ti devi svegliare.»

Mancavano ancora circa trecentoquarantasei giorni.


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