venerdì 25 settembre 2015

DREAMER #4

Non mi fanno più tenere effetti personali in camera. Così chiamano le lettere e le foto che mi mandi: “effetti”, non “affetti”, che poveri aaaaaaaaaaaaaa.  Ho dovuto mettere tutto in una scatola di cartone marrone chiaro, ho firmato e hanno portato via tutto.
Mi permettono di scrivere solo perché il medico ha firmato che posso farlo.
Funzionerà tutta questa cura per proteggerci?
Da un po’ di giorni penso a una cosa. Non posso scrivertela darling, altrimenti non mi fanno più mandare lettere.
“Ehi! Non cancellate un aaaaaaaaaaaaaaaa, chiaro? Non ho scritto nulla, lo so che leggete tutto.
aaaaaaaaaaaaaaaaa, com’è leggere le vite degli altri? Lo so chi sei che controlla le lettere, ti ho visto quando mi hanno portato a fare il prelievo, aaaaaaaaaaaaaaa se cancelli le mie parole ti vengo a cercare quando esco… aaaaaaaaaaaaa.”
Scusa tesoro, è che non li sopporto quando ci guardano come se fossimo pericolosi.
Cerca di non preoccuparti per me, anche se mi piace quando scrivi le parolacce. Ti vedo che giri per casa con la sigaretta tra le dita, vedo che togli l’accappatoio solo quando hai troppo freddo altrimenti lo terresti per tutto il giorno. Sei a piedi nudi e non ti preoccupi di passare davanti alle finestre. Hai la bocca che sa di vino e di fumo. Non c’è bisogno che scriva altro. Fregatene delle teorie, dei tappeti, dei miei, dei finali. Tutti a bocca aperta rimarranno un giorno, come quando scommetti sui brocchi e arrivano primi perché sono più incazzati degli altri. Fanculo, siete tanti ma siete soli.
Cosa ci dicevamo la sera dietro casa tua?
“Se corri veloce e non aspetti nessuno arrivi primo ma solo”, è vero che avevamo sedici anni, ma secondo me funziona ancora.
Qui è dura, ho spesso mal di testa. Quando riesco a dormire non sogno mai.
Mi sembra sempre peggio ogni giorno che passa, non capisco cosa vogliono.
Non è vero che sento la tua voce, ti ho mentito. L’ho scritto perché ho paura che ti dimentichi di me.
Mi sento dentro una bolla, una bolla sgonfia e appiccicosa che si attacca al corpo e mi fa diventare pesante, come avere sempre dei vestiti bagnati addosso. Alzare il braccio e scrivere è pesante. Mi muovo più lentamente da quando sono qui, andare dal letto al bagno è sempre la stessa strada, i colori sono sempre quelli. Mi sforzo di alzare gli occhi e di guardare il cielo, ogni volta che mi riesce mi stupisco di quanto poco lo guardo. Sono le medicine mi dicono, sono per il mio bene. “Il mio bene”, dovrebbe essere mio, perché vogliono gestirlo loro? Io ti credo se mi dici che ci ritroveremo dentro l’acqua, a te ci credo.
Pioveva quella notte, pioveva forte, mi sembrava di avere delle mosche in faccia che volevano infilarsi in bocca e negli occhi, non vedevo bene. Non senti più niente, all’improvviso sparisce tutto, sei dentro una forza che ti stacca da terra, ti gonfia le vene e vuoi solo esplodere e colpire, colpire, colpire come una bestia.
Correva verso di me, tu non c’eri. Io…
Basta. Voglio scriverti qualcosa di bello.
Una cosa che non ti ho mai raccontato.
La prima volta che ti ho visto, a scuola, mi ricordo che avevi una maglia blu con una fila di piccole margherite che ti attraversavano il petto e ti giravano dietro la schiena. Io ho guardato prima la maglia e poi la tua faccia. Intendo dire che se tu non avessi avuto quella bruttissima maglietta forse non mi sarei accorto di te e non ti avrei notata. Ti ritornano in mente un sacco di cose quando l’unica libertà che hai è pensare.

Il prossimo bagno fallo al buio, solo con la musica e lascia la finestra aperta, anche se fa freddo lascia la finestra aperta; e prima di farlo aspetta che sia buio, aspetta la sera del sabato, e poi piangi se hai voglia. Sarà bellissimo scivolare nell’acqua calda e sentire le lacrime affogare.

Hai visto? Un’altra lettera, un’altra vasca…

super/super/kiss/kiss my perfect shot

tuo Dreamer 






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