lunedì 7 settembre 2015

GUERRE


C’è un momento, proprio un attimo, una frazione di secondo. Quel momento in cui l’orchestra inizia a suonare, che non si sente ancora nulla, che sono tutti immobili con le mani sugli strumenti. Elegantissimi in nero, e in lungo.
Ecco, quel momento è la sublimazione dell’attesa.
Ed è in quel momento che lui la vede. Lei è dall’altra parte del salone, a separarli un intero ricevimento. Sta un po’ in disparte, tra uno specchio e una colonna che le fa un po’ d’ombra sul viso.
L’orchestra suona.
Le teste s’inclinano, volteggiano negli abbracci formali del ballo.
Un oceano di schiene e gambe e piedi che nel caos ordinato trovano sempre spazi in cui infilarsi.
Lei si chiama Lys.
Lei lo vede quando lui comincia a camminare vicino alle pareti, danzando a modo suo per non urtare gli altri invitati.
Lui si chiama Arthur.
C’è quella luce gialla dei lampadari vecchi annebbiati dal cristallo, c’è il pavimento di legno in labirinti di forme incastrate da pazienti artigiani.
In una finta decadenza, dentro ricordi di balli sfarzosi di nobiltà dimenticate, dentro rituali che riportano ciò che non è mai stato.
Dentro un mondo che non è il loro, Lys e Arthur sono in precario rincorrersi sulla scia delle loro separate esistenze.
A lei, che non si è ancora mossa dalla protezione della colonna, viene offerto del vino da un cameriere in equilibrio sotto il suo vassoio.
“Ora sì che sono perfetta. Elegante. Con un bicchiere in mano, l’aria divertita ma non troppo,  lo sguardo leggero che fa finta di non accorgersi di lui”.
A lui, che si sposta senza fretta e che ha scelto la direzione più lunga, sono riservati gli sguardi del pettegolezzo e della curiosità.
« Arthur! Non speravamo proprio di rivederla così presto. Com’è andato il viaggio? È vero quello che si dice sulle truppe schierate al confine? Mio marito dice che servono solo a far titoli sui giornali e che non avranno mai il coraggio di attaccare.»
Sorriso amabile, mani in tasca. Elegante. Dal viaggio è tornato e la guerra è cosa fatta.
“Ballatevi gli ultimi che restano, signori, non voglio togliervi l’illusione della festa, non questa sera almeno.”
«Buonasera Contessa. Tornato solo per voi e la vostra famosa ospitalità. La guerra è il pettegolezzo dei nostri tempi, tutti ne parlano ma nessuno sa con esattezza come sono e come andranno le cose. Dite a vostro marito che i giornalisti sono i veri nemici.»
Lys fa qualche passo, davanti allo specchio la sua schiena è tutta per lui.
L’orchestra suona. Valzer.
Arthur saluta con cenni del viso, piccoli movimenti della mano, “buonasera” a chi gli sfila davanti a portata d’orecchio.
Sempre in cammino.
Prende il bicchiere da uno dei vassoi, che instancabili macinano chilometri cercando di essere il più discreti possibile, sempre ben forniti per alimentare la rassicurante sensazione che nessuno stia bevendo in modo sconveniente.
Questione di pochi attimi, è facile trovarsi fianco a fianco se si è in mezzo a tanta gente. Arthur si ferma.
« Arthur! Parlavamo di lei ieri sera, ci porta notizie fresche? Molti sono pronti a giurare che la cosa si risolverà con un trattato senza sparare nemmeno un colpo.»
Sorriso amabile, mano in tasca, bicchiere sotto il mento. Elegante. La guerra è cosa fatta.
“Nemmeno un colpo, a salve.”
«Come si dice… ne uccide più la penna che la spada, giusto? Ma sapete… non giuro mai con un bicchiere in mano. Alla vostra. Divertitevi.»
Posare il bicchiere vuoto sul vassoio e prenderne altri due è l’equazione che fa accelerare il destino.
Posare il bicchiere vuoto sullo stesso vassoio senza servirsi di nuovo e far finta di niente è essere una donna.
«La inviterei a ballare ma sfortunatamente ho le mani occupate.»
«Può darsi che accetti dopo che mi avrà offerto da bere.»
«Pratica e intelligente.»
«Bugiardo e simpatico.»
L’orchestra suona. A detta di qualcuno, sembrerebbe solo per loro.
«La prego di voler fare un brindisi con me.»
«Con molto piacere… Arthur, giusto?»
«Ascolta sempre le conversazioni altrui?»
«Sempre.»
«Alle promesse di un volto.»
«Alle promesse di un volto.»
C’è un momento, proprio un attimo, una frazione di secondo. Quel  momento in cui due bicchieri si toccano, ma non si sente ancora nulla.
«Scoppierà la guerra?»
«Per un'informazione così voglio almeno sapere il suo nome.»
«Lys.»
«Le fleur de lys…»
«Scoppierà?»
«Stanotte.»
«Perché non l’ha detto, prima?»
«Avrebbero smesso di suonare.»
“Sono sola, non ho più nessuno. Che occhi. Questa musica la conosco, mio padre… la domenica al Marais. Dovrei aver paura.”

“Che sfortuna incontrarti stasera. Andiamo via. Alla stazione, forse facciamo in tempo… non credo, ormai.”

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