venerdì 11 settembre 2015

DREAMER #2

Mi hanno portato la lettera, sai che le fanno passare ai raggi X prima? Per vedere se dentro non ci sia droga o che altro di pericoloso per noi e per loro.
Sto guardando le tue foto, sono dipinti e maschere. Grazie.
Non ci posso credere che hai incontrato “Orizzontale”, e Flynt…
Eravamo nella stessa squadra, lui faceva la riserva di Steve. Mi ricordo la sua faccia da padella ammaccata e i capelli in dissolvenza già a quei tempi.
Come sta Jeremy? Quello la Colter se l’è passata di sicuro. Se vuoi essere certo di un soprannome non puoi essere superficiale. “Dritto al punto” diceva sempre il professore di lettere, ti ricordi?
È tanto che non scrivo, qui scrivono sempre i dottori, scrivono un sacco. E i preti leggono. Una catena di montaggio per curare e salvare.
Ogni tanto mi fisso a guardare fuori dalla finestra e ripenso a quanto eravamo felici a scuola l’ultimo anno. Ci sto delle ore a guardare fuori, che dopo un po’ non vedo più niente, sento solo delle voci. Soprattutto la tua.
Con ghiaccio.
Niente intervallo con me.
Un bacio da campioni.
Sei uno zero senza virgole.
Dai “Dreamer” salta (ti ricordi che mi chiamavi “Dreamer”?).
Nevica.
Non così forte.
Dove ti portano?
Ti scrivo, giuro, ti scrivo!
Ti faccio una foto.
Vai prima tu.
Basta guardarti.
Perché piangi?
Te lo farò leggere quando è finito.
Riportami a casa.
Domani ti spiego.
Le poesie mi fanno grattare.
Stringi di più.
E tante altre cose che non ho fatto in tempo a segnare. Da qualche giorno il quaderno lo tengo sul comodino. Il dottore dice di appuntare tutto quello che mi viene in mente e che mi turba. Per non deluderlo non gli ho detto che l’unica cosa che mi turba molto è il fatto di stare qui dentro. Non mi sembrava educato.
Oggi ho provato a farmi un tatuaggio con l’ago della flebo e della tintura di iodio, solo che al momento di ripassare i bordi è arrivata l’infermiera e ha cominciato a dare fuori di matto urlando di rivestirmi subito.
Da ieri è cominciata una nuova terapia: ci portano dentro una stanza tutta bianca, vuota e senza finestre. Ci lasciano lì dentro per un’ora ad ascoltare musica classica. L’unica cosa che mi lascia un po’ perplesso è che per un’ora ti fanno ascoltare sempre la stessa cosa. Ci hanno messo su un certo Stosticovic, Sostecovik o qualcosa del genere. All’inizio ognuno si faceva un po’ i fatti suoi, capirai mica vogliamo dargliela vinta e far vedere che sembriamo matti. Poi siamo finiti a danzare sottobraccio tutti in fila che sembravamo un corpo di ballo vero e proprio.
Appena torno ti porto a mangiare un hamburger in quel posto dove ci è piaciuto tanto. Quello con il bagno che ha una poltrona davanti al cesso, ti ricordi?
Qui mangio un sacco di patate e carote e passati di frutta e acqua.
Cosa fai il sabato? Me lo racconti la prossima volta che mi scrivi?
Il pomeriggio possiamo stare in giardino. Di solito dopo un po’ che cammino mi siedo sulla panchina e guardo il muro della recinzione, se guardo proprio con attenzione senza mai chiudere gli occhi vedo la gente che mi saluta attraverso il muro. Tu sei l’unica che mi manda i baci e dopo si lecca le dita.
Questa delle dita l’ho raccontata a Pit, quello che dorme con me, mica te lo saluto però, che poi mi angoscia tutto il giorno che vuole sapere cosa pensi di lui e tutto il resto.
Non so se sono felice che vai a quel gruppo il martedì, cioè lo so che ti fa bene e che ti diverti, però cerca di non raccontarle proprio tutte certe cose.
Però, se proprio devi, raccontale bene e magari esagera un po’, che alla gente piace quando arriva anche un po’ d’amore, che arriva per i fatti suoi in particolari che all’inizio mica li capisci subito. Puoi raccontare delle vie con gli alberi bassi, quello si. Cavolo darling che serata da batticuore quella.
Mi hai fatto ridere con l’autolavaggio, peccato che l’hanno demolito. Mi è dispiaciuto dargli fuoco non volevo proprio incendiarlo del tutto.
Dicono che faccio progressi, forse tra un po’ puoi venire a trovarmi. Ci vieni?
La sera è il momento più brutto, quel momento da quando hai finito di cenare a quando spengono le luci. Lì non mi sento mai tranquillo.
Alla fine ci sarà un motivo se mi tengono qua? Io mi sono trovato in mezzo, la scena me la rivedo tutti i giorni davanti agli occhi. Un secondo. Mi ha detto: “sono scivolato”.

Ci sentiamo. Scrivi sempre, e vieni a sognarmi di più.

P.S. Ancora con questa storia del culo e della vasca da bagno…?

super/super/kiss/kiss my perfect shot

tuo Dreamer  

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