Tutte le cose stavano al loro posto.
Il mare.
La terrazza.
Faceva un certo effetto: i tavolini buttati in
un angolo, le sedie che mancavano. L’immagine zoppa della terrazza sul mare era
una martellata in pieno viso.
L’assenza dei corpi brucia al sole. Niente
corpi, niente ombre.
Solo il vento che avanza sugli scalini. Solo.
Non è nemmeno salito a guardare il mare.
Davanti a lui era già così grande lo spazio
della sabbia e il rumore della marea che non aveva senso girarsi e provare a
guardare se oggi era diverso da ieri.
Sono gli anni che mantengono l’idea di una
promessa.
Gli anni che ingannano e cancellano.
Ogni tanto. Più per caso che per fortuna.
Succede.
Succede che ci si ritrovi a fissare il mare.
-Non è più tornato.
-Non mi hanno lasciato partire.
-Io ho smesso di piangere.
-Io l’ho fatto per entrambi.
-Le viene bene?
-Piangere?
-Si.
-Non tanto, è più un urlo che muore sotto la
lingua.
-Perché si sforza. Deve essere più un canto che
un urlo.
-Fuma ancora?
-Solo quando piango.
-Beata lei che ha smesso.
-Può cercare di farmi piangere.
-Sarebbe come barare.
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