venerdì 27 novembre 2015

Attese (MARGARET #13)

La casa è in silenzio.
Le tende sono tirate, niente luce.
Sulla lampada c’è un foulard blu scuro, la stanza è blu: una notte soffice e artificiale.
Ve la immaginate la donna sul divano?
Ha le gambe nude, una canottiera grigia, i capelli dipinti sulla fodera bianca.
Medusa, Salomè, Messalina, Maria Maddalena. I loro ritratti sono tutti appesi sulla parete davanti a lei.
Il collo le fa male, è buttato all’indietro, fissa il soffitto che a tratti sfoca nel viso e nel sorriso a bocca aperta di Dreamer.
C’è puzza di fumo e di chiuso, ha dormito lì, ha bevuto e fumato sempre lì.
Per nulla.
Aspettando di sentire un colpo alla porta, una voce sottile, credendo spesso di sentire tutte e due le cose; affacciandosi sul bordo delle tende per vedere quello che non c’era.
Adesso che sa. Adesso che lui è fuori, lei, si è chiusa dentro.
Avrebbe potuto dire alla polizia che Hugine Bedford le ha sconvolto la vita, ma le sembrava una cosa così patetica, così da soap, che non l’ha detto.
Il non sapere, non avere la percezione di quello che sarà.
Odia l’attesa, odia il pazientare. Odia, ancora una volta, lui.
Tornata dall’interrogatorio ha preparato una borsa, pronta per andarsene. Altra cosa patetica: calata nel ruolo di fuggitiva con il proprio amante.
Ha cominciato a bere quando ha chiuso la borsa, quando ha guardato quella cazzo di borsa pronta sul letto, come se fosse una fidanzatina che aspetta il colpo di clacson per infilarsi in un fine settimana romantico.
“Tristissima e patetica Margaret”, ha pensato.
Poi suonava il telefono, in continuazione.
La segreteria annunciava robotica che il tal giornalista voleva avere una sua dichiarazione. Il poliziotto gentile le chiedeva se poteva ripassare in centrale, con comodo, voleva solo rivedere alcune cose… “vuoi scopare, ecco cosa vuoi rivedere”.
Poi Jeremy.
Jeremy che strillava nel telefono: “Margie richiamami, dicono che Hugine ha ucciso un ragazzo alla clinica.
Continuava a riascoltare il messaggio di Jeremy.
Margie richiamami, dicono che Hugine ha ucciso un ragazzo alla clinica.
Alza le gambe, punta i talloni sul bordo del divano, la canottiera si solleva, scopre la pancia, c’è un sottile cambio di calore quando il sedere scivola qualche centimetro in avanti.
Margie richiamami, dicono che Hugine ha ucciso un ragazzo alla clinica.
La mano preme il suo palmo con forza sulla pelle tesa, spinge verso il basso, le dita risalgono e precipitano nel suo solco.
Margie richiamami, dicono che Hugine ha ucciso un ragazzo alla clinica.
Le cosce chiudono il polso, una lotta di piacere tra le sue gambe e il suo braccio.
Margie richiamami, dicono che Hugine ha ucciso un ragazzo alla clinica.
Rumore di piedi nudi che sbattono nelle pozzanghere, muscoli che piangono contrazioni e si perdono i sensi della ragione.

Gode. La segreteria telefonica vola scagliata contro il muro.

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