lunedì 19 ottobre 2015

SWING

Quanto gli piaceva andarsene in giro di notte per la città.
Un po’ a passo svelto, a passo doppio, a contro passo e giravolta, a saltare sul parapetto del lungofiume, in equilibrio sulle caviglie che suonavano ancora swing e profumo di acqua di colonia su colletti bianchi.
Le file di luci gialle appese tra un lampione e l’altro.
Le sirene delle chiatte: balene dalla pancia nera che si portavano sulla schiena tutto il ciarpame che per magia finiva nei magazzini e nelle botteghe mai sazie.
A fumarsi l’ultima su quella panchina di marmo, con la chiesa alle spalle, il prato ancora arrotolato per la notte: scuro e zitto.
E la luce… quella luce che dura un attimo, la luce a cavallo. Che cambia i colori, disarma le ombre e accende i rumori.
Felicità. Ecco cos’era. Mr. Arcibald Singleton era felice.
Felice di poter indossare calzini colorati sotto lo smoking, felice di accavallare le gambe con un caffè in mano, felice di notare il colore degli occhi della ragazza che vendeva rose nel chiosco sotto casa. Felice di accorgersi, di nuovo, dopo molto tempo, che dopo le ventuno se apri la finestra e inspiri con lentezza senti l’aria di neve che è già lì.  
“Sensibilità ritrovata”, così se la diceva questa sensazione che aveva cominciato a rilassare la mascella, a rallentare il passo durante il camminare. A scoprire che il lato di strada che percorreva tutti i giorni per andare in ufficio non fosse necessariamente il migliore, ritrovarsi sul lato opposto fu l’ennesima banale e sconcertante scoperta. 
Era meglio.
Non sapeva dove fosse andato a pescarla tutta questa attenzione per le cose che accadevano, era sempre stato uno che osservava con attenzione, questo si. Ma adesso era diverso, era come se le cose, che accadono, osservassero lui e gli dicessero: “Prego Mr. Singleton, si accomodi, siamo qui per lei, per renderla felice.”
C’erano giorni in cui all’improvviso si fermava in mezzo alla strada, o in mezzo a una stanza, sulle scale o dovunque si trovasse. Si bloccava e rimaneva con il collo immobile e gli occhietti che saettavano a destra e sinistra senza muovere il viso, a ricercare il trucco. Ad attendere che saltasse fuori qualcuno da una botola nel terreno, da dietro un albero, che si calasse da una nuvola… insomma qualcuno che arrivasse a dirgli: “Naturalmente è tutto uno scherzo, non c’è nessuna felicità, nessuna sensibilità, lei è vittima di un esperimento. Tra poco tornerà alla sua vita di sempre: tra percorsi sempre uguali e calzini blu.”
Non succedeva nulla, non arrivava nessuno.
Dopo un po’ non si bloccava più, non si sentiva in difetto, aveva smesso di cercare il motivo per questo e per quello.
Se doveva passeggiare passeggiava, se era in ritardo ritardava, se era arrabbiato correva, se era solo cantava, spesso faceva queste cose tutte insieme. Tranne il ritardo, quello arrivava sempre prima di lui.

E prima di addormentarsi diceva sempre: buonanotte. 

Nessun commento:

Posta un commento