Il giardino è diviso su due terrazzamenti: in
quello più basso è piantata una fila di rose sul limitare della proprietà. Sul
terrazzamento più elevato un ulivo protegge con la sua ombra un tavolo rotondo
con il piano di ardesia e quattro sedie di ferro battuto dipinte di bianco con
cuscini grigio cenere a rendere meno dolorosa la contemplazione del paesaggio
fino al mare centinaia di metri più sotto.
«Vi guarderò dall’alto cadere dopo avervi
spinto per il sedere.»
«Il fatto che lei sia un ospite pagante non la
autorizza a prendersi gioco della bellezza e della poesia.»
Carol pronunciò la frase senza voltare lo
sguardo, rimase nella stessa posizione che aveva anche prima che Chon arrivasse
con una tazza di caffè tra le mani e una rima in bocca.
«Chiedo scusa, a tutte e tre.»
«Scuse accettate.»
«Posso sedermi?»
«La prego, il panorama è compreso nel
prezzo.»
«La sua compagnia è gratis?»
«Lo è la mia educazione.»
Visti da dietro Chon e Carol indossavano entrambi
dei colori bianchi, visti da dietro non pesavano sulla linea del cielo che
cadeva sulla siepe di rose che spezzava l’azzurro e lo riprendeva più in
profondità, dove il caldo sfocava in allucinazioni fluttuanti come sirene
vestite di specchi.
Chon sorrideva. Carol accavallava le gambe.
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