lunedì 25 gennaio 2016

Chon

Il giardino è diviso su due terrazzamenti: in quello più basso è piantata una fila di rose sul limitare della proprietà. Sul terrazzamento più elevato un ulivo protegge con la sua ombra un tavolo rotondo con il piano di ardesia e quattro sedie di ferro battuto dipinte di bianco con cuscini grigio cenere a rendere meno dolorosa la contemplazione del paesaggio fino al mare centinaia di metri più sotto.
«Vi guarderò dall’alto cadere dopo avervi spinto per il sedere.»
«Il fatto che lei sia un ospite pagante non la autorizza a prendersi gioco della bellezza e della poesia.»
Carol pronunciò la frase senza voltare lo sguardo, rimase nella stessa posizione che aveva anche prima che Chon arrivasse con una tazza di caffè tra le mani e una rima in bocca.
«Chiedo scusa, a tutte e tre.»
«Scuse accettate.»
«Posso sedermi?»
«La prego, il panorama è compreso nel prezzo.»
«La sua compagnia è gratis?»
«Lo è la mia educazione.»
Visti da dietro Chon e Carol indossavano entrambi dei colori bianchi, visti da dietro non pesavano sulla linea del cielo che cadeva sulla siepe di rose che spezzava l’azzurro e lo riprendeva più in profondità, dove il caldo sfocava in allucinazioni fluttuanti come sirene vestite di specchi.

Chon sorrideva. Carol accavallava le gambe. 

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