venerdì 8 gennaio 2016

LAUREN #1

Il dito si avvicinò troppo alla lama e si aprì di due centimetri buoni, il sangue cominciò a colare sulle fette di pancetta disposte ordinatamente sul vassoio. Lauren spense l’affettatrice, si avvolse un tovagliolo sul dito e corse verso il lavandino situato dietro il bancone della mensa.
Lei era la prima che arrivava alla mattina, praticamente all’alba, alle cinque e mezza era lei che apriva la cucina: affettare, lavare la verdura, passare la frutta, sminuzzare, dividere il cibo in contenitori stagni erano tutti compiti di Lauren.
Adesso teneva il dito sotto il lavandino e sentiva i due lembi di pelle fluttuare sotto l’acqua fredda come se non appartenessero alla sua mano. Il sangue continuava a uscire abbondante. Alternava l’acqua fredda a succhiare con la bocca il dito, ma questa operazione bruciava troppo, l’acqua anestetizzava, tranne quando il getto riusciva a penetrare nel centro esatto della ferita, allora in quel momento era una scossa dritta alla testa, un dolore lucido e sottile come i coltelli che vedeva appesi davanti a lei.
Ripensava al momento in cui il dito non si era fermato e invece di prendere la fetta di pancetta aveva proseguito il suo movimento fino alla lama. Non era mai successo che si distraesse.
Spense l'acqua e sentì l’odore. 
La sua mente fece un collegamento semplice e veloce: era lo stesso odore che aveva sentito prima, lo stesso che le aveva fatto alzare gli occhi dall’affettatrice e perdere la concentrazione. Adesso era costante, era presente attorno a lei. “Qualcuno aveva lasciato la cella frigorifera aperta la sera prima?”
Strinse di più il tovagliolo attorno al dito, alzò il braccio e se lo tenne vicino al petto con l’altra mano mentre avanzava a piccoli passi verso il corridoio che portava alle celle.
Arrivata davanti alle tre porte delle celle frigorifere si accorse che il pavimento era bagnato, le sue scarpe bianche con la suola di gomma diventarono instabili, sotto c’era qualcosa di scivoloso e colloso al tempo stesso. Guardò meglio e vide che davanti alle porte c’era del liquido giallognolo, in alcuni punti era più denso, in altri si diradava in pozzanghere più grandi e quasi trasparenti.
Afferrò con la mano libera il maniglione della porta della cella centrale, tirò e senti l’aria infilarsi attraverso la guarnizione in gomma e l’odore diventare insopportabile di feci e urina.
Dentro la cella appeso per le caviglie c’era tutto il personale della mensa. Ognuno di loro era nudo con due cannule di plastica infilate una nella vescica e l’altra nell’intestino, il siero colato dai corpi aveva trasformato il pavimento in una palude di umori.
Lauren vomitò sulla soglia e poi svenne cadendo sul pavimento.


Il telefono nello spogliatoio della mensa stava squillando. 

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