giovedì 14 aprile 2016

Tempo orale

Non sopportando i giorni di pioggia restava chiuso in casa con le tapparelle abbassate e i tappi nelle orecchie per non sentire quell’inutile ticchettio.
Teneva un diario per i giorni di pioggia.
Il diario era diviso in sezioni: piove, piove forte, piove troppo.
Aveva scelto anche un titolo per il diario: Se piove sono giornate dispari. Il dispari era per lui sinonimo di stonature esistenziali, “stonature esistenziali” era un termine creato sempre da lui. Un piccolo inciso filosofico per etichettare con dovuta precisione il fastidio e la sensazione di claustrofobia dello spirito che anche poche gocce scatenavano in lui.
Cresceva al ritmo dell’acquazzone del momento la sua irritabilità, la quale si manifestava in comportamenti sempre volti alla mortificazione del proprio fisico. Piccole e prolungate torture inflitte con le unghie del pollice sulla pelle sottile del dito indice fino a sanguinamento. Grattare con forza il cuoio capelluto. Irritare la fronte con lo sfregamento ripetuto della punta di tutte le dita.
Sazio di questi esercizi, prendeva delle pause raccogliendosi in pensieri cupi. Immaginando la propria morte e la relativa scoperta del cadavere da parte di sconosciuti. 
Provava sempre sollievo nel constatare che sarebbe stato trovato morto stecchito con i tappi nelle orecchie, lo considerava un  vezzo eccentrico degno di nota. I tappi erano di gommapiuma gialla.
Non poca soddisfazione provava nel leggere a voce molto alta dei passi del diario, abbruttimenti sintattici di temporali passati.
Li declamava con slancio fisico, sempre tenendo il diario in una mano e coreografando lo spazio con l’altra.
Uno dei suoi temporali preferiti era una giornata dispari del Settembre 2013 – piove troppo.
Punta di martello addentro nelle mie carni molli e pensierose, di molteplici anni accorgo lo stordimento.
Ratto bianco che fugge tra le mie gambe, osservo, non trattengo.
Non oso parlare di quella parola, che cade senza che io mi volga.
Urla, urla, urla il soffio vorace e profetico del desiderio che sai, tu sai, il desiderio?
No.
Lievita e sprofonda dentro sempre dentro alle madri di spine, avvolte, spirate, piangenti, grottesche
come voci di cori.  
Sottovesti accorrono su pavimenti di lumache e di sete e di lingue pendule e incredule.
Giorni così dispari che spesso si dimenticava di scoprire se fuori il temporale fosse cessato.

Aspettava, tappato e solo, che qualcuno si ricordasse di lui. 

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