domenica 3 aprile 2016

INSONNIA

Non c’è nulla di interessante ad uscire per passeggiare nel cuore della notte, non si riesce a dormire, per questo si esce, per noia e disperazione.

Non dormire stanca, di una stanchezza che pesa tutta in testa.

Sono cazzate scritte da chi dorme dodici ore quelle che la notte è bella, e passeggiare da soli di notte è affascinante, e la città è più bella perché vuota e silenziosa, cazzate di stronzi dormienti.

Le strade sono vuote, più o meno… le merde di cane e i cestini che spurgano immondizia sono sempre lì, anzi sono lì più che mai; i rifiuti occupano i marciapiedi come zoccole in attesa che qualcuno se le carichi dentro scroti metallici che passano tra le sei e le otto a svuotare queste fighe inermi e verdi. Le porte sono chiuse, i citofoni sono illuminati per non sbagliare a suonare nel cuore della notte.

Dove si può entrare, basta spingere e scivolare velocemente: aprire, chiudere, scendere… ed è fatta, il desiderio insonne e più divertente non ha portineria.

Di notte la chiamano Andrea. Nome di fantasia, come il suo sesso.

Andrea occupa posti che aprono di notte e chiudono di giorno, posti che non esistono più. Non ci sono sulle cartine dei navigatori digitali, non li conoscono i froci della domenica che si parcheggiano con il cazzo in mano dentro la nostalgia degli anni Ottanta. Difficile trovare l’indirizzo di Andrea dentro siti d’incontri per coppie esteticamente depresse fasciate in calze dai colori scaduti.

Andrea si trucca pochissimo, non ha voglia di perdere tempo davanti allo specchio mentre qualcuno nelle altre stanze sta già annusando un paio di collant bagnati di piscio all’ombra di luci basse, frutto di lampadine avvitate in posti sbagliati. Tolti i quadri sconcio-retrò dalle pareti, le catene sono finite in un angolo, non le guarda più nessuno. Andrea è padrone, di casa, ha una sua sensibilità che non ammette intrusioni di pornografia leggera. Un po’ troia e un po’ nobildonna. Cortigiana e madama, ballerina e confessionale.

Non ha numero di telefono, ha una coda e due piedi stupendi, la coda le esce dal culo. Cammina a piedi nudi, e non parla. Tutti la guardano e la spiano stando accollati alle pareti, con le mani dietro la schiena, schiacciate dal muro e dal culo. Aspettano, i cazzi nei pantaloni… Anche le donne sono inibite da Andrea, la vogliono e la seguono; prende da bere dai bicchieri lasciati per terra, toglie i mozziconi galleggianti e con grazia si scola di tutto.

Poi sceglie.

Bacia in bocca e spinge i prescelti contro le altre persone, si trova in abbracci multipli di tre, quattro, sei, otto braccia. Si lascia andare di peso e precipita sul pavimento perché le piace vedere la cascata di pelle che la segue in fretta. Scalcia e tira schiaffi, si rialza e con i piedi preme i culi e li costringe a stare a terra, afferra chiome e le parrucche le rimangono in mano, i crani calvi li avvicina alle sue gambe aperte e li stringe per farsi leccare senza respiri. Vuole essere tirata per la coda, e quando sente il buco del culo cedere, scatta con il bacino e il poveretto si ritrova filamenti di plastica tra le mani e un dildo rosso come souvenir. Andrea lo guarda e se ne va… a scegliere ancora. Il sudore le copre la schiena e le cosce sono appiccicose di saliva e di figa, i cazzi sono fuori, stretti dalle cerniere e dagli elastici delle mutande che spingono sotto le palle. Li guarda e ammira la sua collezione di idioti dotati, accarezza i visi, bacia dolce come la nebbia le guance giovani di uomini e donne, si lascia toccare nella generosità della disperazione che genera solidarietà e non ammette distinzioni. Si masturba mentre timidi esplorano le sue cosce, annusa l’aria, l’odore si sente di più al buio. Le vengono addosso mentre lei continua la sua processione di piacere e debolezze. Liquidi e gocciolanti i perdenti si ritirano su sedie di plastica brutte e sintetiche come i cazzi di plastica e le palline cinesi. Andrea vuole scoparsi Andrea, se potesse. Si accovaccia sicura sulla cappella gonfia che la convince di più, lucida e scivolosa come porcellana, la sente entrare tra i suoi sipari, depilata allo sfinimento si guarda la figa che riceve un cazzo di vene e vuole godere, vuole le ginocchia sbucciate e i graffi sulla schiena, un dito nel culo e baci di lingue nella gola.

Fottimi, fottimi, scopami, scopami. Le parole rimangono dentro, soffocate dal cazzo che preme in una lotta di spinte e viscere. Ti prego vieni adesso, io ti prego. Vieni.

La notte non c’è nulla da vedere, Andrea non sarà menzionata nei giorni, non sarà riconosciuta, verrà abbandonata in una stanza. Per un attimo tutti saremo felici.

 

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