venerdì 1 aprile 2016

Costanza è un ossimoro

Mia nonna si chiamava Costanza, è morta il 25/08/2008.
Il giorno che è morta io ero in Grecia.
Strano… mi sono sempre trovato in Grecia quando è successo qualcosa d’importante nella mia vita, qualcosa che valesse la pena ricordare, nel bene e nel male.
Giuro. Deve esserci una specie di collegamento ancestrale tra me e la Grecia.
Vittorie e sconfitte, separazioni e unioni. Quando queste ondate emotive decidono di attraversare la mia vita, forse per gentilezza o per caso, fanno in modo che io mi trovi in qualche punto della Grecia: tra Atene e le isole tutte…
Non sono tornato per il funerale di mia nonna, tra traghetti e aerei sarei arrivato due giorni dopo la data utile. Ho pianto un po’ seduto sul letto guardando fuori dalla finestra e ho acceso una candela gialla e lunga e fine in una chiesetta di Mìlos, non tanto per una questione di credo ma perché mi piaceva la chiesetta.
Che se avessi fatto vedere una foto dell’isola a mia nonna mi avrebbe detto: oh che bel posto, come la Jacqueline Kennedy con Onassis. Sì, perché mia nonna soffriva di insonnia e per ingannare le notti lunghe e sole si faceva delle maratone di televisione e di giornali di gossip. Aveva sempre un rimando a qualche personalità famosa, però prediligeva quelle di un certo rango, non l’ho mai sentita nominare soubrette inconsistenti con lei si andava dalla famiglia Ranieri di Monaco in su.
Una donna sicuramente avanti, prima che arrivasse il referendum sul divorzio del ’74  lei aveva già fatto saltare il banco del suo matrimonio con un bel botto. Una naturale predisposizione per infilarsi in storie dall’esito più che incerto, talento per la menzogna e spirito anarchico, anche se lei rivendicava il suo essere socialista da sempre.

Ufficialmente faceva la sarta, alta moda, era molto brava e avrebbe avuto un futuro ma il carattere incostante le ha fatto bruciare molte conoscenze e logorare preziose collaborazioni. Avendo comunque talento si era creata un giro di clientela che voleva solo lei quando si trattava di abiti da sposa: disegno e abito, faceva tutto lei, dal taglio all’ultimo ricamo. In casa aveva un manichino, un metro di legno e diverse forbici di quelle da sartoria grosse con l’impugnatura ancora più grossa. La sua grande passione era il gioco d’azzardo, è lei che mi ha insegnato le giocate che si possono effettuare alla roulette. Che entrare al Casinò con tua nonna non è che capita tutti i giorni, peccato che poi dovevo trascinarla fuori per i capelli. Questa cosa del gioco d’azzardo gli era sfuggita un po’ di mano e anche di tasca che se capite cosa intendo dire… tanto che anche quando aveva smesso di guidare, ha guidato fino a quando ha potuto era assolutamente legata alla sua macchina perché questo la faceva sentire indipendente e soprattutto poteva farsi i cazzi suoi senza chiedere nulla a nessuno, dicevo che anche senza macchina fuggiva in piazza Castello per saltare sull’autostradale che l’avrebbe scaricata davanti al casinò di Campione. Ho sempre visto una esistenza avventurosa e bruciata in velocità in lei. Come quasi tutte le persone abituate a scegliere sull’onda dell’emozione è morta sola. Voleva stare sola, è voluta tornare a casa dall’ospedale ed rimasta sola con mia mamma in una stanza di casa dei miei per gli ultimi due giorni. Non mi ha mai detto un volta: ah se avessi fatto così, invece di cosà… mai, nemmeno una volta. 

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