venerdì 11 marzo 2016

LAUREN #9

Tutti e cinque i cadaveri rinvenuti nella cella sono morti prima di venire appesi e prima che gli fossero applicate le cannule agli organi, si tratta quindi di un rituale, non di una tortura, perché erano già morti. Il rituale di una specie di purificazione, se teniamo conto dei messaggi ritrovati dentro i cadaveri potrebbe essere qualcuno ossessionato dal concetto di peccato come una colpa da rimuovere fisicamente e meccanicamente dai corpi. Perché Lauren è ancora viva?
Una figura in corsa esce dall’angolo di strada davanti all’auto del detective, Sterling abbandona i suoi ragionamenti ed esce dall’auto.
Lauren è lanciata nei suoi ultimi cinquanta metri.
Da quando è a casa in riposo forzato dopo quello che è successo tutte le mattine si alza presto e va a correre. Potrebbe andarci più tardi con calma, le piace invece essere su strade deserte e sentire il rumore dei suoi passi, non vuole ascoltare musica mentre corre; si è detta che se qualcuno si mettesse a seguirla, con le cuffie non lo sentirebbe. Spesso attraversa la strada all’improvviso facendo una diagonale, dopo aver svoltato gli angoli, una volta su due, cambia direzione velocemente e ritorna sullo stesso percorso. Tutti modi per essere sicura di non aver nessuno dietro.
Il detective Sterling è appoggiata alla macchina con le braccia incrociate, Lauren rallenta e si ferma davanti a lei.
«Buongiorno Lauren, avrei bisogno di parlare con lei.»
Lauren prende tempo per respirare, si porta le mani sui fianchi ed emette un debole: «Ok.»
«Possiamo andare a sederci da qualche parte, immagino avrà sete.»
«Devo farmi una doccia, può salire da me, ci metto cinque minuti.»
Attraversano la strada ed entrano nel piccolo androne del palazzo, senza scambiare una parola si sistemano all’interno dell’ascensore. Lauren è imbarazzata, ha paura di avere un cattivo odore addosso, il detective le volta le spalle e fissa il vetro smerigliato della porta della cabina.
L’appartamento è diviso in due stanze e un bagno, la stanza principale ha la cucina disposta lungo una parete ed è abbastanza grande per un tavolo e un divano a due posti. Per terra, subito dopo l’ingresso, sono appoggiate in una fila ordinata circa una ventina di paia di scarpe. Sterling pensa che lei ne possiede solo tre paia. Non riesce a spiegarsi perché ma questa considerazione la mette a disagio.
«Si accomodi pure dove vuole, io arrivo subito.», Lauren sparisce dentro il bagno e si chiude la porta alle spalle, cosa che non fa mai. Le piace lasciare la porta del bagno aperta e girare per casa come le pare, uno dei vantaggi di vivere da sola.
Sterling non si siede, rimane in piedi e a piccoli passi ispeziona tutto l’appartamento. C’è una foto di Lauren con un uomo. Sembra siano a una festa, dietro loro due si legge uno striscione appeso alla parete, uno striscione viola con una scritta bianca: “La comunità saluta il Reverendo Doyle”.
In camera il letto non è stato rifatto, dei vestiti sono appoggiati sopra un lungo mobile bianco e basso. La finestra è senza tende. Sul comodino una bottiglia d’acqua, un lettore mp3 e una macchina fotografica polaroid.
Non ci sono quadri alle pareti. Per terra ci sono delle calze e un paio di mutandine.
Sterling ritorna in sala. Vorrebbe fumare ma preferisce aspettare e chiedere a Lauren.
Hanno controllato le telefonate fatte e ricevute da Lauren nell’ultimo mese, niente di strano, non riceve molte chiamate: una dal suo datore di lavoro all’inizio del mese, una volta a settimana ha telefonato alla casa di cura per anziani dove la madre è ricoverata da tre anni, le altre chiamate in entrata risultavano tutte telefonate a scopi commerciali. Non ci sono spese sospette sulla sua carta di credito. Non risulta iscritta a nessuna associazione, nessun abbonamento in palestra, solo la tessera della biblioteca comunale, dove nell’ultimo mese ha preso tre film e un libro dal titolo “Il monaco”.

Lauren esce dal bagno e va in camera a vestirsi, si infila una maglietta bianca e un paio di pantaloni blu di lino. Non usa ciabatte in casa.  
Entra in sala e vede Sterling ancora in piedi, «Può sedersi detective.»
Sterling si siede al tavolo rotondo che divide la cucina dal resto della stanza. Lauren si posiziona sul divano, da una scatola di legno che è posata su un cubo quadrato di plexiglass tira fuori del tabacco e delle cartine.
Sterling  si accende una sigaretta.
Fumano per un po’ senza parlarsi e senza guardarsi in faccia.
Sterling passa lo sguardo dai piedi nudi alle ginocchia che premono sul lino, alle mani di Lauren che ha le unghie dipinte di blu.
«Come si sente?»
«Mi vergogno a dirlo, ma sto bene. Non voglio dire che non ci pensi, ma sto bene. Ho solo la sensazione di dover aspettare che succeda qualche cosa.»
«Intende dire che ha dei sospetti?»
«No, ma so che io sono l’unica sopravvissuta. Perché?»
«Lei è credente Lauren?»
«Per favore puoi darmi del tu? Mi sembra di essere a un processo se mi dai continuamente del lei.»
«Va bene, io sono Anna.»
«Non sono credente, ho avuto un’ educazione di tipo religioso, ma non credo e non pratico.»
«Io penso che lui ti conosca, sa chi sei, forse vi siete incontrati da qualche parte, oppure è qualcuno che ti ha osservata ed è stato colpito da qualche tuo particolare fisico o abitudine. È stato molto preciso fino adesso, molto organizzato, è un pianificatore.»
Lauren si muove sul divano, si sposta in avanti e appoggia i gomiti sulle ginocchia.
Sterling sa che sta pensando se ha fatto qualcosa di strano ultimamente, sta ricordando gli ultimi uomini con cui è uscita chiedendosi se potrebbe essere uno di loro.
Questo è il momento per chiedere, per vedere se c’è qualcosa che affiora improvvisamente, un nome o un accaduto a cui chi è coinvolto in un’indagine di omicidio non ha prestato attenzione perché si tende a circoscrivere l’avvenimento all’interno del perimetro geografico in cui ha avuto luogo il delitto.
Sterling si alza e comincia a camminare, non è venuta per fare due chiacchiere con un’amica, e poi ha bisogno di tenere Lauren nel ruolo di persona coinvolta in un indagine.
«Hai detto che hai avuto un' educazione di tipo religioso, puoi parlarmi di questo?»
Lauren si alza e si avvicina alla cucina, «Devo fare colazione, vuoi del caffè? Io prendo del tè.», il detective sta guardando di nuovo la foto di Lauren con l’uomo, senza girarsi risponde: «No grazie, già preso.»
«Mio padre era molto credente, sono cresciuta andando in scuole cattoliche fino al liceo, dopo non volevo continuare a studiare e ho cominciato a fare la cameriera, non è stato felicissimo di questa mia scelta. Era una persona legata alla comunità religiosa della città, sempre impegnato in riunioni di comitati e ritiri spirituali, ha passato la vita cercando di coinvolgere me e mio fratello in queste attività. Era un uomo molto buono, ma non riusciva a separare la sua rigida dottrina dal rapporto con i figli. Per lui era solo parola di Dio.»
«È lui in questa foto?»
«No, quello è mio fratello, lui è diventato prete. Il successo della famiglia Doyle.»
«Quando ritornerai al lavoro?»
Lauren soffia nella tazza e poi fa un piccolo sorso, «Non lo so, pensavo di licenziarmi, di cambiare. Adoro cambiare, non ho ambizioni sul lavoro per me è solo un modo per pagarmi l’affitto e qualche vizio.»
«Capisco. Va bene Lauren, grazie per la chiacchierata. Ti devo chiedere di avvisarci se hai intenzione di lasciare la città o cambiare indirizzo, è una formalità ma abbiamo bisogno di sapere dove trovarti, e se noti qualcosa di strano, o qualcuno che ti sembra pericoloso chiamami.»
«Lo farò Anna, grazie a te.»
Si stringono la mano e il detective Lascia l’appartamento.

Qualche vizio…
Anna Sterling è attenta alle parole, stare attenta è il suo lavoro. Sviluppare una sensibilità verso le sfumature dovrebbe essere l’obiettivo di ogni detective, lei ha sempre pensato questo.
Lauren è una sfumatura continua, ascoltarla è come versare una goccia d’inchiostro in un bicchiere d’acqua e osservare il colore diluirsi sulla superficie. 

Nessun commento:

Posta un commento