lunedì 8 febbraio 2016

CAROL E LA SUA POESIA

Chon è seduto per terra con le gambe incrociate, seduto sul tappeto rosso davanti a Carol.
«Tocca a lei.»
«Cosa vuole sapere?»
«Quello che vuole, mi dica qualcosa che non so.»
«Non mi piace leggere poesie.»
«A nessuno non piace leggere poesie.»
«A me non piace.»
«Qualcosa di più personale, non si nasconda dietro la poesia.»
«E va bene, confesso, una poesia mi piace.»
«Me la dica, voglio sentirla, se le piace la saprà a memoria.»
«Non ci penso proprio a dire a lei la mia poesia.»
«Non è la sua, è di tutti. Mi dica almeno il titolo.»
«No. La poesia, la mia poesia, è lì che aspetta qualcuno. Qualcuno che non è ancora arrivato, qualcuno che è in ritardo, questo qualcuno un giorno arriverà e sentirà la poesia, e quando l’avrà sentita, senza aver bisogno di altre spiegazioni saprà che è arrivato dove doveva arrivare, cioè davanti a me. Le parole non invecchiano, possono stare anni chiuse al buio ad aspettare.»
«E se non arriva nessuno?»

«Non so risponderle. La certezza è che la poesia c’è, a questo deve credere.»

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