Chon è seduto per terra con le gambe
incrociate, seduto sul tappeto rosso davanti a Carol.
«Tocca a lei.»
«Cosa vuole sapere?»
«Quello che vuole, mi dica qualcosa che non
so.»
«Non mi piace leggere poesie.»
«A nessuno non piace leggere poesie.»
«A me non piace.»
«Qualcosa di più personale, non si nasconda
dietro la poesia.»
«E va bene, confesso, una poesia mi piace.»
«Me la dica, voglio sentirla, se le piace la
saprà a memoria.»
«Non ci penso proprio a dire a lei la mia
poesia.»
«Non è la sua, è di tutti. Mi dica almeno il
titolo.»
«No. La poesia, la mia poesia, è lì che aspetta
qualcuno. Qualcuno che non è ancora arrivato, qualcuno che è in ritardo, questo
qualcuno un giorno arriverà e sentirà la poesia, e quando l’avrà sentita, senza
aver bisogno di altre spiegazioni saprà che è arrivato dove doveva arrivare,
cioè davanti a me. Le parole non invecchiano, possono stare anni chiuse al buio
ad aspettare.»
«E se non arriva nessuno?»
«Non so risponderle. La certezza è che la
poesia c’è, a questo deve credere.»
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